Sono tante, disseminate tra le province venete, antiche, splendide e profumano di storia e tradizione: ecco altre ville palladiane da vedere, per assaggiare un po’ di meraviglia del territorio
Ricordate il primo articolo di qualche settimana fa nel quale vi abbiamo parlato delle ville palladiane da vedere almeno una volta nella vita?
Ne abbiamo elencate solo alcune, tra le più rappresentative, ma la lista delle ville palladiane è lunga e ricca di spunti tra arte, tradizione, storia e cultura.
Allora ecco altre meravigliose ville palladiane da visitare, dal vicentino al veronese (e non solo).
Ville palladiane: alcune caratteristiche
Edificate intorno alla metà del Cinquecento dall’architetto Andrea Palladio per le famiglie più importanti del luogo, soprattutto aristocratici ma anche alcuni esponenti dell’alta borghesia della Repubblica veneta. Insieme alla città di Vicenza, 24 ville palladiane del Veneto sono state inserite, tra il 1994 e il 1996, nella lista Patrimoni dell’umanità dell’UNESCO. Le ville palladiane si distinguono dalle ville romane e dalle ville medicee toscane: non erano destinate unicamente allo svago dei proprietari, ma erano complessi produttivi. Circondate da vaste estensioni di campi coltivati e vigneti, comprendevano magazzini, stalle e depositi per il lavoro agricolo. Di norma presentano ali laterali, le barchesse, destinate a contenere gli ambienti di lavoro, dividendo razionalmente lo spazio del corpo centrale, destinato ai proprietari, da quello dei lavoratori, in modo da non sovrapporre le diverse attività. Il corpo centrale è a sua volta suddiviso in senso verticale, dove ogni piano assolve a funzioni diverse.
Alla scoperta delle ville palladiane
Villa Angarano (Bassano del Grappa – Vi)
Nel 1548 Giacomo Angarano commissionò al suo illustre amico Andrea Palladio la progettazione della villa concepita non solo come azienda agricola, ma anche come luogo di soggiorno. Il progetto è inserito nei “Quattro Libri dell’Architettura” di Andrea Palladio e i lavori di costruzione iniziarono nel 1556, ma il corpo centrale rimase incompiuto.
Di Palladiano, nell’attuale struttura, rimangono le barchesse, che si chiudono sul corpo centrale d’impianto tipicamente barocco. Quest’ultimo fu costruito tra la fine del Seicento e i primi del Settecento dall’architetto veneziano Domenico Margutti, allievo di Baldassare Longhena. La fronte della barchessa di destra ospita la Chiesetta gentilizia di S. Maria Maddalena, anch’essa attribuita al Margutti. Le statue presenti nel complesso sono diciotto, rappresentano soggetti sacri e sono attribuite ad uno scultore di notevole pregio artistico, Giacomo Cassetti detto il Marinali (1682-1750).
La barchessa di destra accoglie anche la meravigliosa e suggestiva Scuderia, il cui recente restauro, frutto di un lavoro lungo e impegnativo, ha fatto rivivere i materiali originali. “Aladar”, “Saturno” e “Raul” sono i nomi dei cavalli che dimoravano in queste antiche Scuderie, quando per viaggiare c’erano solo le carrozze. Questi nomi sono ancora appesi sopra i loro box, resistendo nel tempo per testimoniare un passato ormai remoto.
Villa Angarano si trova nella zona più a est della DOC Breganze, nel comune di Bassano del Grappa, attualmente comprende cinquanta ettari, di cui 8 a vigneto che si estende fino alla sponda destra del fiume Brenta.
Villa Zeno (Cessalto – Tv)
Una villa progettata dall’architetto intorno al 1554, anche se non è certa la datazione del progetto di quella che è una delle ville meno conosciute e certo la più orientale (geograficamente parlando) fra le ville palladiane. Ipotesi recenti fissano il progetto al 1554, vale a dire non appena Marco Zeno acquisisce la proprietà della tenuta di Cessalto, e ciò è ben compatibile con le evidenti affinità formali con altre ville dello stesso periodo come Saraceno e Caldogno.
Sicuramente autografa, è pubblicata sui Quattro Libri con grandi barchesse ad angolo retto, in realtà non realizzate sino ai primi decenni del Seicento. Senza dubbio il progetto palladiano interviene trasformando un edificio preesistente, e ciò potrebbe spiegare alcune singolarità della pianta. Pesantemente modificata nel corso dei secoli, attualmente la villa non mostra più la finestra termale originaria, tamponata nel Settecento.
Villa Cornaro (Piombino Dese – Pd)
La famiglia Corner è attestata a Piombino sin dal 1422, quando risulta proprietaria di 310 campi trevigiani e di vari stabili annessi. Nel 1551, alla morte di Girolamo Corner, i figli Andrea e Giorgio si spartiscono i suoi beni in Piombino, ovvero un complesso di villeggiatura costruito tra il 1539 e il 1549: al primo va la casa padronale, all’altro 7 campi del «bruolo», una barchessa e metà del giardino.
La costruzione della nuova villa si deve proprio a Giorgio ma, benché erediti la proprietà nel 1551, dovrà aspettare l’anno successivo per venirne in possesso, essendo allora impegnato a Peschiera per conto della Serenissima.
Il cantiere è già in piena attività nel marzo del 1553, e nell’aprile dell’anno seguente l’edificio – pur incompleto – è abitabile, tanto da esservi documentato Palladio «la sera a zena» col padrone di casa. Quest’ultimo, in occasione del matrimonio con Elena Contarini, nel giugno dello stesso anno prende formalmente possesso della villa, o meglio del suo cantiere: a questa data risulta infatti realizzato solamente il blocco centrale, ma non le ali né il secondo ordine delle logge. Nel 1569 è documentata l’attività di operai che ancora lavorano al «bruolo».
Giorgio muore nel 1571, combattendo nella battaglia di Lepanto. Il complesso viene ereditato dal figlio Gerolamo che nel 1582 dichiara il possesso di una «casa per nostra habitatione posta in villa di Piombin con brolo e cortivo la qual casa non è finita et ne è più di spesa che di entrada». Il cantiere, dunque, subisce dei rallentamenti per ragioni finanziarie e negli anni successivi lo stesso Gerolamo preferisce lasciarlo in sospeso, dedicandosi ad altri investimenti nella zona. Solo nel 1588 decide di spendervi nuove energie: in quell’anno vengono commissionate a Camillo Mariani le statue degli antenati per il salone, mentre è del 1596 il coinvolgimento di Vincenzo Scamozzi, che si dedica alla costruzione della grande barchessa inglobando la precedente quattrocentesca.
Nel 1655 il discendente Giorgio di Gerolamo Corner dichiara che la villa non è ancora ultimata e che mette a disposizione una somma per concludere i lavori. È Andrea Corner ad occuparsene, commissionando gli stucchi a Bortolo Cabianca e le decorazioni pittoriche a Mattia Bortoloni.
Estinti i Corner ai primi dell’Ottocento, la villa passò ad altre famiglie che continuarono ad utilizzarla come residenza sino al 1951. Nel ventennio successivo attraversò un periodo di grave decadenza, durante il quale fu dapprima utilizzata come asilo parrocchiale e successivamente fu abbandonata.
Nel 1969 la villa è stata acquistata da Richard e Julia Rush di Greenwich che hanno intrapreso un’importante opera di restauro. Dal 1989 è proprietà dei coniugi Carl e Sally Gable di Atlanta.
Villa Foscari detta La Malcontenta (Mira – Ve)
La villa che Palladio realizza per i fratelli Nicolò e Alvise Foscari intorno alla fine degli anni ’50 sorge come blocco isolato e privo di annessi agricoli ai margini della Laguna, lungo il fiume Brenta. Più che come villa-fattoria si configura quindi come residenza suburbana, raggiungibile rapidamente in barca dal centro di Venezia. La famiglia dei committenti è una delle più potenti della città, tanto che la residenza ha un carattere maestoso, quasi regale, sconosciuto a tutte le altre ville palladiane, cui contribuisce la splendida decorazione interna, opera di Battista Franco e Gian Battista Zelotti. Studi recenti hanno documentato un intervento dei fratelli Foscari a favore di Palladio per la progettazione di un altare per la chiesa di San Pantalon nel 1555, che testimonierebbe un rapporto precedente alla progettazione della villa.
La villa sorge su un alto basamento, che separa il piano nobile dal suolo umido e conferisce magnificenza all’edificio, sollevato su un podio come un tempio antico. Nella villa convivono motivi derivanti dalla tradizione edilizia lagunare e insieme dall’architettura antica: come a Venezia la facciata principale è rivolta verso l’acqua, ma il pronao e le grandi scalinate hanno a modello il tempietto alle fonti del Clitumno, ben noto a Palladio. Le maestose rampe di accesso gemelle imponevano una sorta di percorso cerimoniale agli ospiti in visita: approdati davanti all’edificio, ascendevano verso il proprietario che li attendeva al centro del pronao. La tradizionale soluzione palladiana di irrigidimento dei fianchi del pronao aggettante tramite tratti di muro viene sacrificata proprio per consentire l’innesto delle scale.
La villa è una dimostrazione particolarmente efficace della maestria palladiana nell’ottenere effetti monumentali utilizzando materiali poveri, essenzialmente mattoni e intonaco. Come è ben visibile a causa del degrado delle superfici, tutta la villa è in mattoni, colonne comprese (tranne quegli elementi che è più agevole ricavare scolpendo la pietra: basi e capitelli), con un intonaco a marmorino che finge un paramento lapideo a bugnato gentile, sul modello di quello che compare talvolta sulla cella dei templi antichi.
La facciata posteriore è uno degli esiti più alti fra le realizzazioni palladiane, con un sistema di forature che rende leggibile la disposizione interna; si pensi alla parete della grande sala centrale voltata resa pressoché trasparente dalla finestra termale sovrapposta a una trifora. In quest’ultima è chiarissimo il rimando al prospetto di villa Madama di Raffaello, documentando un debito di conoscenza che Palladio non ammetterà mai direttamente.
Villa Godi Malinverni (Lugo – Vi)
Villa Godi Malinverni appartiene al ricco patrimonio artistico costituito dalle ville venete palladiane: Andrea Palladio costruì la Villa nel 1542, Gianbattista Zelotti, Battista del Moro e Gualtiero Padovano la ornarono di affreschi.
“In Lonedo luogo del Vicentino è la seguente fabbrica del Signor Girolamo de’ Godi posta sopra un colle di bellissima uista, & a canto un fiume, che serve per Peschiera. Per rendere questo sito comodo per uso di Villa vi sono stati fatti cortili, & strade sopra uolti con non piccola spesa. La fabbrica di mezo è per l’habitazione del padrone e della famiglia. Le stanze del padrone hanno il piano loro alto da terra tredici piedi, e sono in solaro, sopra quelle ui sono i granari, & nella parte di sotto, cioè nell’altezza di tredici piediui sono disposte le cantine, i luoghi da fare i vini, la cucina, & altri luoghi simili. La sala giunge con la sua altezza fin sotto il tetto, &ha due ordini di finestre. Dall’uno e dall’altro lato ui sono i cortili, & i coperti per le cose di Villa. E’ stata questa fabbrica ornata di pitture bellissime inventione da Maser Gualtiero Padovano, da Messer Battista del Moro Veronese, & da Messer Battista Veneziano; perché questo gentil’huomo, il quale è giudiciosissimo per renderla a quella eccellenza & perfezione, che sia possibile; non ha guardato a spesa alcuna, & ha scelto i più singolari, & eccellenti Pittori de’ nostri tempi.” Citazione di Andrea Palladio tratta da “I quattro Libri dell’Architettura“, 1570
Villa Godi Malinverni è la prima villa realizzata dal Palladio; il committente fu Gerolamo Godi, il quale la fece costruire per il figlio Antonio. I lavori terminarono nel 1542. La villa, che si erge sulle pendici del colle di Lonedodominando il fiume Astico, ripropone nella sua architettura alcuni elementi tipici del castello: la colombaia, quasi come una torretta, permette di vedere e controllare l’intera pianura; la scalinata centrale, principale accesso alle sale nobili, ristretta al solo arco centrale della loggia, richiama il concetto del ponte levatoio medioevale e quindi alla necessità di controllare gli ingressi agli spazi privati della famiglia Godi.
La parte anteriore della villa si presenta arretrata e affiancata da due corpi sporgenti ad angolo, ribaltando lo schema della villa a due torri, usuale nel Veneto. Nel prospetto posteriore è il corpo mediano (area del salone centrale) che avanza, caratterizzato da una serliana, realizzata in seguito a restauri del 1550, al posto dell’originale finestra termale romana. Nella pianta del corpo centrale si ripropone il concetto di simmetria, con la realizzazione di una loggia e salone centrale, come cuore della villa, e due ambienti laterali composti ciascuno di 4 sale.
Delle due ali laterali, solo quella a sinistra, a tre arcate, fa parte del progetto originario; quella a destra, più lunga, aperta da cinque archi e da altrettante finestre sovrastanti, fu realizzata alla fine degli anni Settanta del Cinquecento.