La storia di Angela Babbolin, che vive in Cina con la famiglia e qui ha scoperto un paese meraviglioso e così diverso dalla Terra delle Meraviglie, preziosa fonte di ispirazione per le sue creazioni, tra bijoux d’autore e fashion
Angela Babbolin è partita dalla Terra delle Meraviglie per trasferirsi a Milano per lavorare nel mondo della comunicazione, tornare in Veneto fino ad arrivare in Cina, precisamente nel Guangdong, poco lontano da Hong Kong. Il tutto perfezionando negli anni una straordinaria maestria nella creazione di affascinanti bijoux – Angie’s -fatto da me- che coniugano l’arte e la creatività, in pezzi unici che realizza anche su misura. E da questo paese straordinario ha imparato tante cose, tra spazi immensi, natura, culture e tradizioni differenti e tante possibilità per sviluppare la sua creatività.
L’abbiamo intercettata per un’intervista intercontinentale alla scoperta di questo mondo lontano, affascinante e della sua esperienza all’estero tra famiglia e lavoro.
“Dopo la Laurea in lettere all’Università di Padova, con una tesi sul mio adorato Gabriele D’Annunzio, avevo deciso di dedicarmi alla carriera accademica accedendo al dottorato di ricerca in Italianistica, ma per una serie di circostanze le cose non sono andate nel modo in cui avevo pianificato e la vita in pochi minuti mi ha cambiato tutte le carte in tavola. Dopo lo shock iniziale, mi sono rimboccata le maniche e mi sono ritrovata a Milano dove ho avuto la grande opportunità di lavorare per alcune importanti agenzie di comunicazione e imparare il mestiere dell’ufficio stampa. Scrivere è sempre stata la mia grande passione e l’esperienza milanese è stata inizialmente dura sia per i ritmi del lavoro che per quelli della città, ma una grande occasione per la mia formazione lavorativa e personale. Ho avuto la possibilità di imparare, di crescere, di conoscere tantissime persone, di vedere come gira il mondo.
Poi ho conosciuto Marco, in pochi mesi abbiamo deciso di sposarci e un anno dopo è nato Cesare. Io vivevo a Milano e lui vicino a Bologna e arrivati a quel punto ho dovuto fare una scelta. Con il mio pancione mi sono trasferita in Emilia a fare la moglie e la mamma. Avevo lasciato la città meneghina ma non i suoi ritmi frenetici: nei due anni successivi, infatti, sono nate anche Allegra e Benedetta Sole. Nel frattempo avevamo lasciato l’Emilia per trasferirci a Belluno. Abbiamo vissuto ai piedi di quelle stupende montagne per tre anni, poi siamo ritornati nella nostra Vicenza, giusto il tempo di rendercene conto perché dopo poco più di anno abbiamo fatto le valigie per trasferirci in questa grande e strana Cina”
Nel frattempo hai anche iniziato a creare straordinari bijoux…
“Dopo un anno che vivevamo a Belluno mi sentivo molto appagata come moglie e mamma, ma avvertivo forte il bisogno di ritagliarmi un angolino dove poter essere solo “Angela” e dove coltivare la mia fantasia e creatività. Fino a prima lo strumento che preferivo per veicolare le mie idee era senza dubbio quello della scrittura ma con tre bambini piccoli intorno era davvero impossibile trovare il silenzio e la concentrazione che questo tipo di attività richiede. Ecco che la manualità mi è venuta in soccorso, ed e’nato Angie’s -fatto da me-.
È stata una meravigliosa scoperta: mai avrei pensato, nella vita, di iniziare a creare collane e accessori. Ho iniziato con il fare qualche bracciale per me e mia sorella, poi mia mamma, le mie zie, poi un’amica che aveva un negozio mi ha incentivato e da lì sono partita per la tangente. È stata una sorta di epifania: le idee hanno iniziato ad affollare la mia mente e a prendere poi forma nella realtà. Così ho iniziato a girare per negozi e mercatini, a collezionare tutto ciò che vedevo bello, a trovare i giusti abbinamenti, a scegliere i materiali più interessanti sempre alla ricerca di quella giusta armonia tra colori e forme.
Dove trovo ispirazione? Dalla vita, da quello che ho intorno, che sento e da quello che mi piace. Tutte le mie collane sono pezzi unici, non mi piacciono i doppioni, e ognuna ha un nome spesso ispirato alla letteratura, alla mitologia, alla storia. Mi piace tenere sempre con me il mio background umanistico.
Poco dopo, incoraggiata da un’amica, nella meravigliosa Villa Da Schio di Costozza ho organizzato il mio evento d’esordio dove ho timidamente esposto i miei primi lavori. Poi ne sono venuti molti altri e oggi le mie collane sono cambiate molto da quelle prime. La mia manualità si è ovviamente evoluta: la scelta dei materiali è sicuramente più attenta e curata. Ora utilizzo principalmente cordoncini di cotone o alcantara e pietre dure, intervallandoli con spille, bottoni, dettagli vintage e qualsiasi altro oggetto che mi colpisca”
Angela Babbolin: dall’Italia alla Cina con Angie’s -fatto da me-
Il trasferimento in Cina, per motivi personali, ha in qualche modo contribuito ad un’evoluzione della tua creatività?
“Certamente il trasferimento in Cina è stato una bella sfida. Devo dire però che l’abbiamo affrontato con molto entusiasmo e curiosità e questo ci ha aiutato non poco a cercare di godere di tutti i lati positivi che questa esperienza poteva offrirci. Arrivare in un Paese cosi lontano dal nostro, non solo fisicamente ma anche culturalmente, ci ha insegnato e ci sta insegnando molto.
Certo, i primi mesi non sono stati facilissimi. Il problema principale è sicuramente la comunicazione. Qui quasi nessuno parla l’inglese e all’inizio anche solo prendere un taxi poteva essere un problema. Poi con un po’di pazienza, tanta apertura mentale e con l’aiuto degli altri espatriati arrivati prima di noi, abbiamo imparato ad affrontare i piccoli problemi di ogni giorno e a crearci una nostra quotidianità.
Per quanto riguarda Angie’s -fatto da me- inizialmente ero molto spaventata e preoccupata su come avrei fatto a trovare materiali e fornitori. Ma nel giro di qualche mese con tante domande a chiunque incontrassi sulla mia strada e un po’ di ricerca in rete sono riuscita a scoprire posti che mai avrei pensato potessero esistere. Dongguan è una piccola città industriale per gli standard cinesi: ha una popolazione di quasi 10 milioni di abitanti e un wholesale market che è più grande di Vicenza intera! Il primo giorno che sono riuscita a raggiungere questa parte della città (a quasi un’ora di auto da dove abito) ero incredula e credevo di aver trovato il paradiso: la quantità e la varietà di materiali che posso reperire qui tende all’infinito.
Questo di sicuro mi ha dato una bella spinta. Le idee si moltiplicano e la sperimentazione è continua. Poi di sicuro la Cina mi ha regalato molto colore. Qui tutto è colore, tutto fluisce, è armonioso disordine, diverso. E la diversità crea curiosità. Trovo la mia nuova quotidianità molto stimolante e questo di sicuro si riflette anche nelle mie creazioni”
Da qualche tempo, inoltre, ti occupi anche di creare abiti:
“Quest’anno è nato anche Bubbles and Flowers un piccolo marchio di abbigliamento che ho ideato insieme a mia sorella Francesca (il nome richiama infatti il nostro cognome). Siamo ancora agli inizi e abbiamo ancora molta strada da fare ma la capsule Collection che abbiamo fatto per l’estate è ’piaciuta molto ed è stata una bella soddisfazione.
Abbiamo voluto approfittare della possibilità che ho qui di fruire di un così grande varietà di materiale, ho fatto molta ricerca per trovare dei tessuti che avessero i requisiti giusti. Volevamo fare qualcosa che mettesse insieme praticità e stile con una buona qualità (abbiamo scelto solo tessuti di cotone lasciando da parte le fibre sintetiche) mantenendo un prezzo ragionevole. Fiori e colori i protagonisti principale. Ci siamo ispirate al mondo di Frida mescolandolo con la nostra idea di moda contemporanea.
Non grandi progetti. Ma abbiamo deciso di far realizzare quello che piaceva a noi: T-shirt, giacche jeans, gonne lunghe, camicette, gonne pantalone, abiti lunghi, tute e gilet. Per scelta non abbiamo fatto molti pezzi uguali ma abbiamo cercato di mantenere l’unicità dei capi. È stato davvero molto divertente.
Ormai, anche se pur studiandolo non riesco ancora a parlare bene il cinese, con i fornitori mi capisco al volo. I cinesi sono molto gentili e cercano in ogni modo di aiutarti. In poco più di un anno riesco a destreggiarmi tra strade labirintiche e miriadi di persone cercando di comunicare con ogni mezzo immaginabile per raggiungere il mio obbiettivo. Ora siamo al lavoro per la capsule Collection invernale. Ho già iniziato la ricerca e non vediamo l’ora di vedere realizzate le nostre nuove idee”
Angela Babbolin: dall’Italia alla Cina con Angie’s -fatto da me-
Passiamo alle vendite: quali sono i tuoi canali? E quanto il web e i social aiutano in questo senso?
“Di sicuro i social per questo tipo di prodotti la fanno da padrone. Le nostre pagine Instagram e Facebook sono quotidianamente aggiornate con novità e tendenze e queste attività ci danno un buon riscontro. Qui in Cina invece uso moltissimo WeChat. I miei accessori sono venduti anche in qualche negozio. Ma la parte che più mi piace e che sento mia, forse anche per il mio background lavorativo, è di certo quella degli eventi. Organizzo mensilmente delle vendite private o eventi. A volte a casa mia, alle volte in locali pubblici o negozi. Mi piace variare. È di sicuro il mio canale preferito perché in quei momenti ho la possibilità di conoscere le mie clienti, capire qual è il loro stile e trovare il pezzo che fa per loro. Mi piace raccontare la storia delle mie creazioni e mi piace guardare negli occhi chi le compra. Spesso in queste occasioni mi commissionano delle collane ‘su misura’: per un determinato evento, da abbinare ad un vestito particolare o da regalare a qualcuno di speciale”
Quali sono le maggiori “scoperte” che hai trovato in un paese così lontano e diverso dall’Italia e in particolare dal Veneto? E come si vive in Cina, anche in relazione al fatto che sei mamma di ben tre bimbi?
“La Cina è immensa e talmente varia che mi sembra davvero poco serio generalizzare. Quindi non vi racconterò come si vive in Cina ma come vivo la mia Cina. Non abitiamo nella storica Pechino e nemmeno nell’avveniristica Shangai ma a Dongguan una ricca città industriale con clima tropicale la cui popolazione è cresciuta in maniera vertiginosa negli ultimi 30 anni (si parla di una densità di 3334 abitanti per kmq, il che vuol dire che in un kmq di Dongguan ci sono lo stesso numero di persone che vive nell’intero comune di Montegalda, il paesino in cui sono cresciuta).
Quello che di sicuro colpisce di più quando si arriva qui è la maestosità di tutto ciò che ti circonda: le strade in città hanno 4 corsie per senso di marcia, i palazzi non meno di 20 piani. Nei parchi puoi camminare per decine di chilometri senza ritornare al punto di partenza. Gli ordini di grandezza sono moltiplicati.
Attraversando in auto le zone centrali di Donguann tra grattaceli e mall nuovi di zecca pieni di negozi con marchi occidentali, se non fosse per quegli ideogrammi luminosi appollaiati nei piani alti, per quelle bici con carretto che corrono a zig zag tra una Ferrari e una Lamborghini trasportando ogni sorta di aggeggio (dalle bombole del gas, al cartone, alle bottiglie d’acqua) e per gli ombrellini sotto ai quali i passanti si nascondono anche quando non piove, sembrerebbe quasi di essere negli States.
Il quartiere dove viviamo è una sorta di villaggio vacanze dove convivono espatriati e cinesi. La vegetazione tropicale è folta e ben curata, non fa mai freddo, le strade sono poco trafficate, i parchi sicuri per i bambini, la fermata dello school bus proprio sotto casa, i negozi che vendono cibo importato a prezzi folli comodi comodi, l’inquinamento sotto controllo.
Poi ci sono tanti altri quartieri. Dove si può trovare davvero di tutto. Ammassi di cose armoniosamente disordinate. Io adoro andare all’avventura a visitare zone della città che non conosco. Ho trovato mercati di ogni genere, venditori di ogni sorta. Mi sono immersa tra i colori accattivanti di frutti esotici e verdure sconosciute. Ho scoperto piccoli inconsapevoli negozi nascosti colmi di decoratissime ceramiche antiche. Mi sono persa tra i fiorai più forniti e profumati del reame. Ho trattenuto il respiro tante volte imbattendomi nei banchi colmi di Durian. Ho visto vetrine straripanti di biancheria intima davvero buffa guardata da occhi occidentali. E donne correre al parco con tacchi da dieci centimetri.
Io qui vivo bene con la mia famiglia. La chiave di tutto è però cercare di non fare confronti. Qui è tutto diverso. Qui l’acqua del rubinetto non si può bere. Qui nessuna casa ha la lavastoviglie: i piatti i cinesi vogliono che siano lavati a mano. Punto. Qui gli insetti sono enormi e ce ne sono parecchi. Qui parlano inglese in pochi. Qui al bar non puoi chiedere caffè e brioche. Ma è qui che ho imparato a sbrigarmela da sola. Che ho capito cosa voglia dire essere una minoranza. Che ho avuto la conferma di quanto un’esperienza del genere possa unire ancora di più un nucleo familiare. Che abbiamo dato la possibilità ai nostri figli di respirare diversità, di imparare senza particolare fatica altre due lingue, di renderli consapevoli che da grandi potranno essere liberi di scegliere”