Minuzia, pazienza, precisione, una tecnica antichissima tramandata di mano in mano e giunta, immutata, fino ai giorni nostri: sono questi gli ingredienti del merletto di Burano.

I vestiti si rompono, così come le stoffe, i ricami si sfaldano, i fili colorati si assottigliano, ma il merletto di Burano resta per sempre ed è proprio qui che giace il fascino di questo mestiere che rischia di scomparire ma che è in grado di lasciare, attraverso un oggetto apparentemente fragile ma fortissimo, un segno nel tempo e nella storia.

Passo svelto, mani pronte a mettersi all’opera, un seggiolino di legno con un poggia piedi, tende aperte sulla piazza della città, occhiali da vista, strumenti del mestiere e anni di esperienza nella mente, negli occhi e tra le mani. È così che le merlettaie di Burano si preparano a passare un altro pomeriggio in compagnia di ago, filo, il loro “cuscinello” personalizzato, morello e carta paglia, per portare a termine un’altra opera d’arte e un altro pezzo di storia italiana.

Chiacchierano tra di loro, una di fronte all’altra, interagiscono con chiunque si avvicini curioso di scoprire i segreti del loro mestiere, si stuzzicano a vicenda “lei è quella chiacchierona”, “è lei la più brava”, si conoscono da una vita ma continuano, a oltre 80 anni, ad avere, ogni volta che mostrano a qualcuno quella rosellina fatta a mano o la minuziosa smerlatura del loro merletto, quella stessa luce negli occhi che avevano da bambine quando le loro nonne mettevano per la prima volta tra le loro mani un ago sottilissimo e un filo di cotone bianco.

Le sette fasi di creazione di un merletto di Burano.


Si parte sempre da un disegno per poi passare all’orditura, cioè una sovrapposizione di due strati di stoffa con tre fogli di carta paglia, un foglio con il disegno e un altro foglio di carta oleata cucita a macchina seguendo tutti i profili del disegno, poi si passa alla prima fase di lavoro, la base, la cosiddetta Ghipur, poi c’è il punto Venezia, costituito da piccole barrette di filo che collegano più punti del disegno, segue il punto Burano, la retina strettissima di filo, poi i rilievi e, infine, la fase conclusiva: il punto cappa con picò, la smerlatura. In passato ogni merlettaia della Scuola di Merletto di Burano si occupava di un’unica parte di lavoro. C’erano quindi sette specializzazioni.

Anche se teoricamente tutte sapevano fare tutto, ci si focalizzava su un unico punto perché facendo sempre lo stesso lavoro si acquisiva velocità e perfezione, due elementi fondamentali che hanno reso questo oggetto tessile di un’isoletta della laguna veneziana uno dei prodotti artigianali italiani più apprezzati al mondo.

L’amore delle maestre di merletto ad ago di Burano per il loro mestiere si percepisce all’istante, traspare dalle loro movenze, dai loro silenzi, dalla concentrazione, dagli occhi arrossati, dal fatto che non distolgono mai lo sguardo dal loro lavoro, dall’abilità delle loro mani che sanno, a memoria, come devono intrecciarsi per creare, partendo da un disegno su carta, una precisissima e indistruttibile opera d’arte.

Chi le vuole osservare all’opera o chiedere loro una lezione di punto Venezia o smerlatura, le può trovare al primo piano Museo del Merletto di Burano, sedute sugli stessi banchetti di legno che le vedevano, bambine alle prese con le prime lezioni nella scuola professionale di merletto ad ago più famosa al mondo. Vengono a due a due, nei pomeriggi, si siedono, lavorano e restano a disposizione di chiunque decida di dedicare un attimo del proprio tempo al ricordo di un mestiere preziosissimo.

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Redazione Sgaialand
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