Due libbre di allume, sei once di zolfo nero, quattro once di miele in distillazione con acqua. Non è la formula di una strega per una pozione dai poteri straordinari, ma sicuramente per le dame veneziane del Seicento qualcosa di magico questa miscela lo aveva. Si tratta, infatti, di una delle tante ricette per ottenere l’iconica tinta di capelli chiamata “biondo veneziano“, celebre in tutta Europa ed esaltata da grandi pittori dell’epocai come Tintoretto e Tiziano.
ll biondo veneziano, ricercata e sofisticata tinta di capelli, è la tonalità più chiara del rosso. Il biondo veneziano naturale è rarissimo, oscilla appunto tra il biondo e il rosso ed è una delle tonalità più apprezzate e particolari, caratterizzata da riflessi dorati e ramati che conferiscono una luminosità inconfondibile alla chioma. Ma quanto ne sapete a riguardo e, soprattutto, perché vogliamo parlarvene oggi su Sgaialand? Perché anche questa celebre sfumatura di rosso racchiude molteplici curiosità legate al nostro territorio, da cui appunto deriva il nome. Scopriamole insieme!
Asciugare i capelli al sole per ottenere il tipico ‘biondo veneziano’ era una moda molto diffusa tra le donne della Serenissima; le più ammirate e alla moda erano coloro che sfoggiavano una chioma dorata, considerata più esotica. Se non era madre natura a dotarle di questa irresistibile arma di seduzione, erano pronte a sottoporsi a una serie infinita di trattamenti dai dubbi ingredienti pur di assicurarsi l’agognata sfumatura.
Un rituale di bellezza tramandato per via orale
Quello dello schiarirsi i capelli con l’aiuto di una tintura era un complicato rituale che le donne veneziane di ogni età ed estrazione sociale si tramandavano principalmente per via orale, volendo custodire gelosamente i loro segreti di bellezza. Tuttavia, alcuni ricettari del XVI e XVII secolo ci raccontano di miscele di olio d’oliva e residuo della fermentazione del vino bianco, oppure di lozioni a base di spezie, erbe, cenere e addirittura urina, che dovevano essere stese più volte sulla capigliatura con una piccola spugna, lo sponzariol.
Dopo aver intinto le proprie chiome con queste preparazioni, si proseguiva con una fase fondamentale per ottenere il biondo luminoso, ovvero l’esposizione al sole. E dove farlo se non in una struttura architettonica perfetta per questo passaggio, cioè l‘altana? Proprio qui, nella loggia più alta dei palazzetti veneziani, indossando una tunica di tessuto leggero chiamata schiavonetto e mettendosi in testa la solana, un cappello di paglia privo di cupola e con larghe tese, le dame veneziane passavano lunghe ore sedute a pettinarsi e spargendo i capelli lavati e bagnati in modo che i raggi del sole potessero agire, rendendo possibile la magica trasformazione.
Se, tuttavia, non si voleva correre il rischio di scurirsi la pelle con le lunghe ore di esposizione al sole, si potevano impiegare tinture più veloci a base di liscivia, la miscela di carbonato di sodio e di potassio che si otteneva versando acqua bollente sulla cenere di legno o di carbone. Talvolta nel composto si aggiungevano anche altri ingredienti, come semi d’ortica, infusi di crespigno, o il brodo di cottura delle foglie d’edera.
Una volta terminato questo rituale di bellezza, i capelli venivano detersi con olio d’oliva e albume d’uovo montato.
Qualunque fosse la “pozione magica” a cui ci si affidava, per le esperte e abili mani delle dame veneziane il risultato era sempre certo e, con poca o molta pazienza, riuscivano a dettare la moda nel resto d’Europa, proponendo un’immagine femminile seducente ed esotica, che solo a Venezia poteva esistere.
Lo sapevate?!