Qual è l’ origine degli schei e dei franchi, utilizzati nel dialetto veneto quando si parla della moneta corrente? Scopriamolo!
Dàme do schei: ebbene, qui nella #terradellemeraviglie quando si parla di denaro non si nominano euro o lire, ma una “moneta” che sembra durare da secoli. E qual è l’ origine degli schei e dei franchi?
Ai tempi del regno Lombardo-Veneto, il Veneto si trovava sotto il dominio austriaco ed erano in circolazione le lire della repubblica cispadana e alcune monete austriache che sostituirono lo “zecchino” della Repubblica Veneta e che riportavano la scritta scheid.munz, abbreviazione di Scheidemünze, ovvero “moneta divisionale” in tedesco.
Nella lingua parlata dai nostri antenati, si pronunciava popolarmente come schei, appunto, e questo termine sopravvisse alle epoche fino ad arrivare ai nostri tempi, quelli dell’euro.
Buffo è anche un modo di dire tipicamente veneziano che traduce da secoli la scritta “schei-de-munze” in “schei de mona”, e da cui deriva un augurio dialettale molto divertente: “sinque schei de monda ghe fa ben a tuti”.
Al singolare, inoltre, scheo significa piccolo e si utilizza per indicare qualcosa di ridotte dimensioni o di breve durata, come nel caso di “Picolo fa un scheo”, ovvero l’italiano “soldo di cacio”.
Dicevamo l’ origine degli schei e dei franchi: e questi ultimi? Il termine “franchi” indicava anni orsono le lire, in particolare, e in generale una somma definita di denaro (trenta franchi per intendere 30 lire): i franchi derivavano da un’altra moneta di origine austriaca, che riportava incisa l’abbreviazione Franc Ios Austriae Imperator, dal nome dell’Imperatore Francesco Giuseppe.
In generale, qualsiasi sia l’ origine degli schei e dei franchi e il loro utilizzo dialettale oggi, insomma, l’importante è che siano presenti in quantità nel portafogli!