La storia delle galline padovane delle straordinarie tipicità che hanno permesso di essere incluse nei presidi Slow Food!
Camminano con passo dinoccolato, sbirciando la strada tra le penne che folte ricadono sugli occhi: le galline padovane ondeggiano sull’aia, pavoneggiando la loro lunga barba, i favoriti che incorniciano le guance e il loro ciuffo di penne lunghe e lanceolate.
Benché l’origine delle galline padovane sia ancora dibattuta, l’ipotesi più plausibile vede il marchese Giacomo Dondi dall’Orologio, medico e astronomo padovano, tornare da un viaggio in Polonia con alcuni capi per ornare il giardino della sua villa gentilizia.
Ai primi del Novecento si contano ancora migliaia di capi, ma negli anni Sessanta le galline padovane scompaiono quasi definitivamente. Nel 1997 nasce quindi l’associazione Pro Avibus Nostris, su iniziativa dell’Istituto professionale agrario San Benedetto da Norcia , il cui scopo è sostenere la moltiplicazione della razza.
Nel 2000 parte il Presidio Slow Food, le galline padovane scoprono un loro mercato, entrando a far parte dei menù dei ristoranti di Padova, nelle pollerie e nei negozi specializzati. Anche se non è ancora semplice reperirle, a causa di difficoltà legate alla distribuzione e alla stessa riproduzione, le galline padovane hanno trovato una loro nicchia.
La loro carne è gustosa, leggermente morata, ricordando più la faraona e il fagiano che la classica gallina, a cui il consumatore è abituato.
Tradizionalmente la gallina padovana viene cotta con la canavèra, una piccola canna di bambù che aiuta l’evaporazione parziale dei liquidi di cottura. Il capo intero viene riempito con un trito di sedano e carota, una cipolla steccata con i chiodi garofano, la buccia di un’arancia e di un limone, una mela tagliata a piccoli pezzi, uno spicchio d’aglio, sale grosso, zucchero di canna, una stecca di cannella e olio d’oliva.
A questo punto viene chiusa in un sacchetto, anticamente veniva usata la vescica del maiale, immergendola in una pentola d’acqua, facendo fuoriuscire la canavèra per almeno dieci centimetri.
La padovana ha bisogno di sobbollire a fuoco lento per almeno due ore, così da poter formare un consommé concentrato da servire come accompagnamento alla carne.
Un gusto tutto veneto da non perdere!