ll Teatro Carlo Goldoni è il più antico teatro di Venezia ancora oggi esistente ed è il quarto più antico in assoluto della città, dopo il Teatro Michiel, il Teatro Tron (1581) e il Teatro di San Moisè (1613). Venne costruito dalla famiglia Vendramin nel 1622, di cui prese il nome.
Il Teatro Goldoni di Venezia è una delle numerose meraviglie della nostra regione e il teatro più antico di Venezia ancora esistente e attivo. L’inaugurazione del teatro, chiamato anche di San Salvador e di San Luca, avvenne nell’autunno del 1622, con uno spettacolo della Compagnia Gli Accesi.
Il Teatro Carlo Goldoni si trova in zona San Marco, non troppo distante dal Ponte di Rialto, nel centro storico di Venezia. È un teatro all’italiana, con la sala strutturata in platea e quattro ordini di palchi-galleria, per una capienza totale di 800 posti; è sede (insieme al Teatro Verdi di Padova) del Teatro Stabile del Veneto , che organizza la stagione di prosa, la rassegna di Teatro Ragazzi, e altre manifestazioni in concessione, balletti e concerti.
Per i primi 30 anni andarono in scena solamente spettacoli comici. Nel 1653 il teatro fu distrutto da un violento incendio; i nuovi proprietari, Andrea e Zanetta Vendramin, decisero di ricostruirlo all’interno delle vecchie mura rimaste intatte e di affidarlo a conduttori esterni, beneficiari di tutti gli introiti, ma tenuti a corrispondere ai Vendramin un reddito annuo di 1.000 ducati, oltre a essere responsabili di tutte le spese.
Andrea e Zanetta tennero il teatro per quarant’anni continuando a servirsi di impresari conduttori esterni. Merita menzione l’investitura dell’impresario Gaspare Torelli, figura eminente nel panorama della cultura veneziana dell’epoca. Librettista, costumista, impresario e all’occorrenza anche scenografo, Torelli firmò il suo primo contratto coi Vendamin nel 1681 e lo rinnovò per due volte (cosa mai accaduta prima). In questi pochi anni lasciò di sé un’impronta importante sia per il livello della programmazione, sia per le migliorie strutturali: restaurò e ingrandì la sala e il palcoscenico, rinnovò la dotazione e consegnò al pubblico veneziano del San Salvador splendide stagioni teatrali.
Il successo dovuto alla presenza intraprendente di Gaspare Torelli venne contrastato dall’interferenza della famiglia Grimani, proprietaria nel frattempo di tre teatri: il San Samuele, il SS. Giovanni e Paolo e il San Giovanni Grisostomo. Nel 1687 Torelli aveva rinnovato il suo impegno coi Vendramin per altri dieci anni; i Grimani, preoccupati del costante successo del teatro rivale, convinsero o forzarono l’impresario ad accettare l’invito dei Farnese a trasferirsi alla corte di Parma e a cedere loro in subaffitto il contratto coi Vendramin più la proprietà di alcuni palchi di sua pertinenza al San Salvador. Si trattò ovviamente di un’ingerenza al di là dei limiti della legalità che non poteva lasciare indifferente la famiglia Vendramin. Infatti, dopo la morte di Andrea nel 1685, Zanetta e i figli Alvise, Francesco, Andrea e Antonio ricorsero in tribunale, vinsero la causa e nel 1689 ripresero la conduzione del teatro.
La rivalità fra le due famiglie proprietarie di teatri veneziani s’interruppe all’alba del XVIII secolo: nel 1703, per la prima volta nella loro storia teatrale, vennero a patti e firmarono un contratto che regolava, per cinque anni, l’attività comica dei teatri San Samuele e San Salvador (che da questo periodo compare sempre più frequentemente nei documenti con il nome San Luca). Al termine di tale accordo il contratto non fu rinnovato.
Antonio e Francesco Vendramin, succeduti ad Alvise, continuarono autonomamente la conduzione fino ad approdare alla stagione 1752-1753, decisiva per via dell’ingaggio di Carlo Goldoni al teatro San Luca.
Goldoni in quel periodo era considerato il più importante commediografo cittadino, insidiato solamente dalla fama del conservatore Carlo Gozzi.
Il teatro ebbe numerose modifiche e restauri a seguito di incendi o cedimenti strutturali. Tra i più importanti, quello del 1818 su progetto dell’architetto e scenografo Giuseppe Borsato e quello del 1833, in cui la decorazione delle sale viene affidata a Francesco Bagnara, che in quel periodo era scenografo alla Fenice; in quel periodo il teatro prese il nome di Apollo. Il 14 novembre 1818 avviene la prima assoluta di Enrico di Borgogna di Gaetano Donizetti, mentre il 17 dicembre 1818 avviene la prima assoluta di Una follia, sempre di Donizetti.
Nel 1826 il teatro fu dotato, primo in Italia, di una grande lamiera a gas. Nel 1837 ospita la prima assoluta di Pia de’ Tolomei di Donizetti con Fanny Tacchinardi Persiani, Antonio Poggi e Giorgio Ronconi a causa dell’incendio del Teatro La Fenice. Il teatro viene intitolato a Carlo Goldoni nel 1875, ad iniziativa di Angelo Moro Lin, appoggiato da Regina De Marchi vedova Vendramin, durante le celebrazioni dell’anniversario della nascita del commediografo.
Il Teatro è noto anche nelle cronache della Resistenza perché la sera del 12 marzo 1945 un piccolo gruppo della Brigata “Biancotto” durante una recita di Vestire gli ignudi di Pirandello irruppe sul palco e, tenendo sotto il tiro delle armi i fascisti ed i tedeschi presenti, pronunciò un appello alla lotta ed alla libertà, gettando poi un pacco di manifestini in sala, prima di allontanarsi indisturbati. Una lapide di marmo all’interno del Teatro ricorda il fatto, definito come “la beffa del Goldoni”.
Chiuso dopo la Seconda guerra mondiale perché pericolante ed espropriato nel 1957, dopo un lungo restauro, è stato riaperto nel 1979 dopo una completa ristrutturazione per migliorarne capienza e servizi. La prima rappresentazione del nuovo corso ebbe luogo il 22 aprile 1979, quando fu messa in scena La locandiera di Carlo Goldoni, per la regia di Giancarlo Cobelli con Carla Gravina e Gabriele Ferzetti.