L’attrice veneziana protagonista del nuovo film di Karole Di Tommaso: l’intervista esclusiva a Maria Roveran
Torna protagonista al cinema Maria Roveran, talentuosa attrice veneziana che negli ultimi mesi sta girando il film “La bambina sintetica” della regista molisana Karole di Tommaso.
Si tratta della storia di due giovani donne che si amano e del desiderio di maternità che si fa avanti nelle loro vite. Ali e Karole hanno deciso di volere un bambino da subito, e da subito si sono convinte di volere una femmina e di chiamarla Chiara Diletta. Protagonista della vicenda, accanto a Maria Roveran, Linda Caridi e insieme a loro: Andrea Tagliaferri, Anna Bellato (bassanese), Sanjay Kansa Banik, la piccola Alessandra Mola, Paola Mbia e Fabio Giacobbe.
Il film, prodotto da Angelo e Matilde Barbagallo, è una produzione Bibi film con Rai cinema, con il contributo del Mibact e il sostegno logistico di Apulia film commission. Dopo aver girato in Molise e in Puglia, in particolare a Bari, lo scorso luglio, le riprese si concluderanno a Barcellona.
Maria ha esordito come protagonista nel film di Alessandro Rossetto “Piccola patria” in concorso a “Orizzonti” alla Mostra del cinema di Venezia – 70° edizione, facendosi notare e ricevendo una serie di premi come miglior attrice esordiente. Dopo “La foresta di ghiaccio” di Claudio Noce, selezionato al Festival del cinema di Roma, è tornata a Venezia nell’edizione 73 in concorso con il film “Questi giorni” di Giuseppe Piccioni, premiata come talento emergente a Cortinametraggio 2017. È apparsa in fiction come “Non uccidere”, accanto a Miriam Leone, e in musical come “Cinque allegri ragazzi morti lo –fi” tratto dalla saga di Davide Toffoli. In teatro l’anno scorso ha portato in scena “L’opera da tre soldi” al Piccolo di Milano, regia di Damiano Michieletto, con ben 47 repliche, e quest’anno è stata, nella recente primavera, una dei protagonisti di “Morte di Danton”, regia di Mario Martone, con Giuseppe Battiston e Paolo Pierobon, Iaia Forte. Qui ha interpretato la parte di Marion, giovane prostituta innamorata di Danton – Battiston. Lo spettacolo, portato a Napoli, Firenze e Roma, ha riscosso critiche positive e successo di pubblico.
Sempre a teatro al Duse di Genova e a Torino Maria Roveran è stata una delle tre interpreti di “Lingua Madre Mameloschn”, scritta nel 2011 da Sasha Marianna Salzmann, trentenne drammaturga tedesca, per la regia di Paola Rota, accanto a Elena Callegari e Francesca Cutolo. La pièce, costruita su corte sequenze di dialogo o monologo, mette a confronto tre donne, tre generazioni, tre modi di vivere nella Germania di oggi. Al cinema in questo 2017 la vedremo nel prossimo autunno come protagonista assoluta nel film “Resina”, nel ruolo di una giovane musicista, che si ritroverà a capo, come direttore, di un coro maschile, in un paesino di montagna, con Thierry Toscan. Primo lungometraggio di fiction per Renzo Carbonera, girato in Trentino. E sempre quest’anno dovrebbe arrivare in sala la commedia agrodolce “Beate” di Samad Zarmandilli, storia di suore e operaie, in cui Roveran, nel ruolo di una suora, è accanto a Donatella Finocchiaro.
Intervista a Maria Roveran
Dal cinema alla tv e al teatro: cosa preferisci e perché?
Qual è l’importanza delle radici venete nel tuo percorso?
“Non sento di poter dire di dare molta importanza alla mia provenienza regionale se non quanto l’effettiva crescita in qualsiasi terra possa rappresentare per ciascuno di noi il porto, più o meno sicuro, dal quale salpiamo per affrontare un “viaggio” che non procede strettamente attraverso Regioni, Città o Nazioni ma che avanza di terra in terra, di evoluzione in evoluzione da incontro ad incontro. Sono Veneta, sono nata in una delle parti più fortunate del mondo, cerco di non dimenticarmene mai ma del mondo mi sento cittadina e mai come oggi dovremmo pensarci capaci di riconoscere le nostre origini senza far sì che queste possano essere di impedimento all’incontro con l’altro. Tutto sta nel darsi dignità e nell’impegno costante volto a conferirne a chi ci sta accanto. Questo mio lavoro tra palchi e set, viaggi costanti è fatto spesso di convivenze forzate e mi allena in questa ricerca del mio e dell’altrui spazio ed identità”