Per raggiungere la Thailandia, meta del mio recente viaggio di nozze (di cui avremo modo di parlare presto nel blog), ho fatto scalo nel nuovissimo aeroporto di Doha, capitale del Qatar. L’Aeroporto Internazionale Hamad, infatti, risale al 30 Aprile 2014 ed  è stato progettato per far fronte al crescente volume di traffico presso l’aeroporto già esistente. Ad oggi è in grado di gestire 29 milioni di passeggeri annui, tre volte la capacità del vecchio aeroporto e il traffico sembra solo destinato a crescere. Stile moderno, avanguardie tecnologiche, boutique, brand del lusso e opere artistiche di grandi dimensioni vi trovano ampio spazio, consentendo al visitatore di rendere meno pesanti le ore di attesa per l’imbarco o, come nel mio caso, quelle di scalo.

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IMG-20151004-WA0016Dopo pochi minuti dal mio arrivo in aeroporto, mi sono imbattuta in qualcosa di gigantesco, che inizialmente ha catturato la mia attenzione e mi ha fatto fare un gran sorriso, ma in un secondo momento mi ha lasciato un po’ perplessa.

Nel bel mezzo dell’aeroporto svetta un orsacchiottone gigante di (finta) pezza, alto non meno di sette metri, che sembra appoggiarsi su una lampada. Non ho potuto non correre ad osservarlo da vicino e, come tutti i presenti,12033002_463171060537445_6120953241545907944_n fotografarlo da ogni angolazione. Più lo guardavo, però, più mi ripetevo che di dolce e affettuoso quell’opera gigante non trasmetteva proprio nulla. Anzi, la testa è incastrata nella lampada, non appoggiata, lo sguardo è quasi truce e le dimensioni abnormi lo rendono a dir poco inquietante. Sbaglio forse?!

L’opera è dell’artista Urs Fischer, classe 1973, svizzero d’origine e diviso tra New York e Zurigo. La sua Lamp / Bear è stata esposta non solo a Doha, ma anche  sul piazzale della Seagram Bulding di New York. Quando una delle due copie di questo lavoro è andato all’ asta a New York da Christie’s l’ 11 maggio 2011, ha realizzato 6 milioni di dollari, moltiplicando il precedente record dell’artista di quasi 10 volte.

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Mi sono documentata un po’ e l’intento dell’artista voleva essere quello di portarci ad una sorta di regressione infantile, nel nostro mondo di ricordi, quello in cui ci si addorunnamed (1)mentava spesso ascoltando una favola e stringendo forte un orsetto di pezza. Fischer vorrebbe portarci ad un momento di sosta e di dolci ricordi nel pieno della frenesia newyorkese o di un aeroporto internazionale, come quello di Doha. Che ci sia riuscito? Ora, io di arte non ne so poi così tanto da potermi permettere di aggiungere altro rispetto a quanto finora detto, ma a me il sempre caro orsetto Trudy basta, avanza, non stanca mai e crea mooooolti meno turbamenti!  Che ne pensate?!

#prendilasgaia

Gaia

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Redazione Sgaialand
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