Una giornata all’insegna dell’arte a Modena, tra palazzi e mostre: la città emiliana saluta l’autunno con due grandi mostre, da Fortunato Depero alle fotografie di Sequenza Sismica

Il Duomo, la Torre Civica e la Piazza Grande, dal ’97 tra i patrimoni UNESCO, riescono a proiettare il visitatore in un mondo fatto antico e meraviglioso: ebbene sì, stiamo parlando dell’ arte a Modena, città emiliana ricca di virtù e prelibatezze enogastronomiche che, ad ottobre, saprà stupire i visitatori con due nuove mostre da non perdere.

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Ottobre d’ arte a Modena: “Fortunato Depero”

Si parte tra arazzi, acquerelli, collage e tarsie di stoffe colorate, olii e disegni preparatori, oltre ai celebri manifesti pubblicitari e a copertine di riviste: uno scorcio che va dal 1917 al 1947 sulle opere dell’artista futurista, esposto nell’ambito della mostra “Fortunato Depero”, trent’anni di produzione “eclettica e pirotecnica” come la definisce lo storico dell’arte Maurizio Scudiero che ne ha curato il catalogo.
Da sabato 14 ottobre a sabato 11 novembre Modena ospita quindi una selezione di 24 opere del grande artista futurista Fortunato Depero (Fondo, 30 marzo 1892 – Rovereto, 29 novembre 1960) provenienti da prestigiose collezioni private, in una mostra a ingresso gratuito, presso lo studio del curatore modenese Marco Bertoli in via Carlo Farini 56.
Un’occasione unica per ammirare, in una panoramica di trent’anni di attività, pezzi che vanno da “Costruzione di gobbo” (1917, matita e acquerello su carta) a “Danza di coni” (1947 circa, matita e inchiostro su carta), dalla serie di collage di carte colorate dedicata ai “Numeri” (del 1926 circa), alle “Donne del tropico” (1945, olio su tavola).
Tutte opere selezionate da Bertoli – consulente per la casa d’aste Christie’s a New York e Londra dal 2005 – che, per poco più di un mese, saranno eccezionalmente visibili al pubblico: dai primi “arazzi” futuristi, in realtà mosaici di stoffe colorate (da non perdere il progetto esecutivo per arazzo “Cavalcata fantastica” del 1920), ai numerosi studi per manifesti pubblicitari come quelli per la Campari, per cui Depero nella sua carriera ha realizzato centinaia di proposte. Tra gli altri in mostra “Anche il gatto beve il Campari” del 1927 e alcuni studi per il “Numero Uno Futurista Campari” del 1930-31 (realizzati già a iniziare dall’anno precedente), perché “L’Arte dell’avvenire sarà potentemente pubblicitaria” scrive Depero nel suo “Manifesto dell’arte pubblicitaria”, sempre del 1931, fino alle copertine di prestigiose riviste, realizzate nel periodo newyorkese come “Vogue” del 1930, o subito dopo come “La Rivista” del 1930-31.
Sia sul versante della grafica pubblicitaria che in quello della realizzazione delle copertine Depero rimane fedele a una continua rivisitazione iconografica: i personaggi delle sue opere sono costituiti da forme piatte e stilizzate provenienti dal mondo del teatro. Per conferire dinamicità alle composizioni ricorre quasi sempre all’espediente di un certo diagonalismo. Figura geometrica utilizzata per eccellenza è il parallelepipedo: luci e colori sono giocati su forti contrasti, con una predilezione nell’uso del bianco, del nero e del rosso, con un approccio aggressivo che ha influenzato una buona parte della grafica pubblicitaria successiva. Così come non si può non notare l’influenza che opere come “I gondolieri (o coleotteri veneziani)” del 1924-25, esposti in mostra, hanno avuto sull’arte seriale di Andy Warhol.
Depero anticipò di cinquant’anni la Pop art – spiega Maurizio Scudiero – Anche se la sua non era una serialità industriale, bensì artigianale: ogni lavoro era unico pur nella molteplicità delle sue realizzazioni”.
Rispetto ai colleghi futuristi Depero si rifugia sempre nella concretezza – aggiunge Marco Bertoli, curatore della mostra, da 30 anni esperto e mercante d’arte italiana e profondo conoscitore della pittura e scultura dal XIX secolo alla prima meta del ‘900 – E dopo l’esperienza newyorkese continua ad attenersi più agli ideali futuristi che non all’evoluzione del movimento, come dimostra ad esempio “Natura morta accesa” del 1936, che abbiamo scelto come immagine di mostra. L’intento di questa esposizione è quello di fornire una sintetica panoramica della carriera di questo eclettico artista, per anni svalutato a causa dei pregiudizi che lo vincolavano al secondo futurismo. Fortunatamente attualmente il valore della sua opera è stato compreso”.

Info
14 ottobre – 11 novembre 2017
Ingresso: gratuito
Studio Marco Bertoli – Art Consulting
via Carlo Farini 56, Modena (terzo piano)
Orari: dal lunedì al sabato, dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 15.00 alle 18.00

Ottobre d’ arte a Modena: ecco la mostra Sequenza Sismica

Dopo l’esperienza di Lying in Between. Hellas 2012, dedicata all’emergenza umanitaria dei profughi in Grecia e tuttora in corso grazie all’attivazione di un laboratorio con i migranti residenti all’interno dell’hotspot di Samos, Fondazione Fotografia Modena presenta l’esito di una nuova missione fotografica incentrata su un altro tema di grande rilevanza sociale: l’esperienza del terremoto in Italia e le sue conseguenze sulla comunità.

Dal 21 ottobre 2017 al 4 febbraio 2018 gli spazi dell’ex Manifattura Tabacchi di Modena (MaTa) – per la prima volta prestati a Fondazione Fotografia Modena – ospitano Sequenza Sismica, a cura di Filippo Maggia, con la collaborazione di Teresa Serra. La mostra comprende le opere di sette fotografi internazionali reduci da un periodo di lavoro in Emilia e nelle regioni del Centro Italia, alla ricerca di una via personale attraverso la quale raccontare il terremoto che ha colpito il nostro paese tra il 2012 e il 2016: una serie di eventi distinti, che, attraverso le loro immagini, si trovano così ad essere accomunati in una dimensione unica e corale, pur nella varietà delle prospettive adottate da ciascun artista.

I pungenti bianchi e neri di Olivier Richon e i paesaggi silenziosi di Hallgerður Hallgrímsdóttir, le inquadrature crude di Naoki Ishikawa, il caos ragionato dei collage di Tomoko Kikuchi, i luoghi sordi e laconici di Eleonora Quadri, le insinuanti fotografie di Valentina Sommariva e gli attenti giochi di forme che dominano le composizioni di Alicja Dobrucka: le oltre 70 fotografie di Sequenza Sismica ritraggono luoghi e situazioni specifiche, ma sono lo specchio di una condizione di precarietà e fragilità in cui tutta l’umanità può riconoscersi. Tanti gli interrogativi che hanno accompagnato la ricerca degli artisti nel corso della missione: la natura è diventata il nostro più temibile nemico? Che succede quando ci si ritrova ad aver perso tutto? Da dove ricominciare a ricostruire? E fin dove è lecito spingersi nel fotografare il dolore delle comunità colpite?

A completare il progetto, un video documentario prodotto da Fondazione Fotografia Modena, ideato e realizzato da Daniele Ferrero e Roberto Rabitti, è stato girato negli stessi luoghi visitati dai fotografi in più momenti: il video ruota attorno al tema cardine del tempo, della sua percezione straniata e distorta durante eventi traumatici. Grazie alla consulenza di alcuni professori dell’Università di Pisa è stato inoltre possibile per i due autori approfondire le dinamiche che caratterizzano la psicologia del trauma, indagando in particolar modo gli effetti psichici e fisici tipicamente riscontrabili a seguito di terremoti.

Parte integrante della mostra è, infine, un’importante selezione di fotografie storiche dei primi terremoti fotografati in Italia, a cura di Chiara Dall’Olio. Se, infatti, il nostro paese è sempre stato scosso da terremoti, meno noto è il rapporto che lega la fotografia del XIX e XX secolo alla rappresentazione e allo studio di tali eventi drammatici. Per raccontare questa relazione sono stati scelti quattro momenti particolarmente significativi: il terremoto del 16 dicembre 1857 in Val d’Agri (oggi territorio compreso fra le provincie di Potenza e Salerno), rappresentato nelle fotografie di Alphonse Bernoud; il terremoto di Norcia del 22 agosto 1859, nelle fotografie di Robert MacPherson; il terremoto di Casamicciola (isola di Ischia) del 28 luglio 1883, nelle immagini di un anonimo reporter, e il terremoto di Messina del 1908, fotografato da Luca Comerio.

Info
21 ottobre 2017 – 4 febbraio 2017
MaTa – Ex Manifattura Tabacchi
Modena, Via Manifattura Tabacchi 83
a cura di Filippo Maggia con la collaborazione di Teresa Serra
orari: mercoledì-giovedì-venerdì 15-19, sabato-domenica 11-19 – chiuso lunedì e martedì
ingresso libero

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