Storia, curiosità e leggende tra le due colonne di piazzetta San Marco: due santi, esecuzioni, gioco d’azzardo e misteri. Chi è stato il primo patrono di Venezia?

Da più di 700 anni incorniciano una delle piazze più belle del mondo.
Le due colonne di Piazzetta San Marco, posizionate all’entrata dell’area marciana verso il molo e il bacino di San Marco, sono l’ingresso ideale di Venezia per chi arriva dal mare. Sulla sommità i due silenziosi guardiani a difesa della città: da un lato il famosissimo Leone alato e dall’altro? Un guerriero con scudo spada e lancia si erge con gesto eroico su di un drago: è San Teodoro, il primo patrono di Venezia, uno dei simboli più misteriosi della Serenissima.

statua del todaro statua di san marco patrono di venezia sgaialand magazine angela forin

San Teodoro d’Amasea, “Todaro” in veneziano, nasconde una storia incredibile. Primo santo patrono della Serenissima, è tra i più venerati martiri d’Oriente (alcuni studiosi affermano che sta a Venezia come la Lupa a Roma!). Soldato dell’esercito romano di origine orientale, morì da martire cristiano in Turchia fra il 306 e il 311 d.C. Venerato in Oriente e Occidente, nel VI secolo d.C. viene scelto come primo patrono di Venezia. Il culto di San Teodoro sarà però pian piano soppiantato da San Marco a partire dall’828 quando le reliquie dell’evangelista arrivarono a Venezia, trafugate secondo la tradizione ad Alessandria d’Egitto da due mercanti veneziani. Sulla chiesa eretta in onore di Todaro sorgerà poi la Basilica di San Marco.

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La statua del Todaro ancora oggi è un vero e proprio simbolo di Venezia e della sua capacità di riunire culture diverse. Realizzata intorno al 1310 è un assemblaggio di elementi della più diversa provenienza: la corazza è dello stesso marmo usato per il Partenone, testa e busto sono pezzi provenienti da antiche statue di imperatori romani, probabilmente Costantino e Adriano. Lo scudo è in pietra d’Istria, mentre il marmo per gambe, braccia e drago viene da un’isola tra il Mar Egeo e il Mar Nero. Anche la statua bronzea del Leone di San Marco ha origini orientali e nasconde una curiosità: in realtà proprio di un leone non si tratterebbe, ma di una chimera molto antica a cui vennero aggiunte le ali.

Il mistero più curioso che si aggira tra le colonne di San Marco, stando a quanto racconta Francesco Sansovino, è che le colonne arrivate a Venezia da Costantinopoli nella seconda metà del XII secolo dovevano essere tre. Durante le operazioni di trasporto la terza sarebbe caduta nella laguna, inabissandosi nella fanghiglia dove si troverebbe ancora oggi. Una cosa però è certa: le due colonne restarono a terra in piazza San Marco molto tempo prima che si trovasse una soluzione per issarle verticalmente. Ci riuscì nel 1172 Nicolò Barattieri, costruttore bergamasco (lo stesso che inventò il montacarichi a contrappeso che permise l’edificazione del campanile di San Marco) con un ingegnoso sistema di leve e corde. Come ricompensa il governo della Serenissima gli concesse l’autorizzazione di gestire una bisca per il gioco d’azzardo, allora severamente proibito in tutta la città, proprio nell’area compresa tra le due colonne.

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Volete anche voi giocare d’azzardo e rischiare il tutto per tutto? Passate tra San Marco e il Todaro se avete coraggio, si dice che porti sfortuna: in epoca medievale e rinascimentale proprio nello spazio compreso tra le due colonne venivano eseguite le condanne a morte. Da qui il detto veneziano “Te fasso vedar mi che ora che xe” (ti faccio vedere io che ora è), perché l’ultimo sguardo del condannato, spalle alla laguna, era verso la Torre dell’Orologio di Piazza San Marco. Che siate superstiziosi o no, meglio non usare l’espressione “essere tra Marco e Todaro” significa che non state passando un bel momento.

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Ultima curiosità: la statua del Todaro nel 1940 fu rimossa per proteggerla da eventuali danni bellici e portata al sicuro all’Abbazia di Praglia a Padova. Nel 1948 al suo posto venne collocata una copia e l’originale fu riportato a Venezia nel cortile dei Senatori all’ingresso di Palazzo Ducale, dove ancora oggi si trova dopo un recente e delicato restauro.

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Redazione Sgaialand
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