Una forchetta a due rebbi giunta per la prima volta all’inizio dell’anno Mille, grazie ad una principessa bizantina: ecco la storia del piròn veneziano

Lo sapevate che la prima forchetta della storia arrivò nel territorio “italiano” proprio in terra veneta, precisamente in quel di Venezia?
Ma facciamo un passo indietro, per raccontare di quel piccolo strumento che ogni giorno utilizziamo, che abbellisce le tavole più chic in tutte le sue varianti, dalla forchetta da frutta a quella da tavola, da arrosto o da pesce: secondo gli studi nacque all’inizio del Medioevo, sebbene ci siano testimonianze di oggetti simili a forchette riconducibili al periodo dell’impero romano.
Un oggetto considerato persino diabolico, per via della forma che ricorda il forcone con cui è solitamente rappresentato il diavolo, la forchetta giunse a Venezia in tutto il suo splendore nel 1004, in occasione del matrimonio di Giovanni Orseolo, figlio del doge Pietro II Orseolo, con la principessa bizantina Maria Argyropoulaina, nipote dell’imperatore Basilio II.
Nella città lagunare si stavano festeggiando i giorni del matrimonio, incorniciando quella strategica alleanza di Venezia con Costantinopoli, e tutti gli occhi erano sulla sposa, che però fuggiva gli sguardi. Fino a quando estrasse una forchetta d’oro a due rebbi (punte – ndr) che utilizzò per portare il cibo dal piatto alla bocca.
Questo strumento era già utilizzato in terra bizantina, ma la nobiltà veneziana lo definì in un primo momento il simbolo dell’atteggiamento snob della principessa, quasi a rimarcare la differenza tra Venezia, terra di pescatori e commercianti, e la sua città d’origine.
Venne bollato con il nome di “piròn”, dal greco “peìro”, ovvero “infilzo”, in tono dispregiativo, persino dal clero, che si mosse al contrario in difesa della semplicità delle usanze tipiche veneziane.
E così il “piròn” fu la prima forchetta, nella storia di quella che sarebbe diventata l’Italia molto più avanti nel tempo, a fare il suo gran ingresso in società, anticipando il 1071, quando per il matrimonio del doge Domenico Selvo, la sua sposa (un’altra principessa bizantina, Teodora Anna Doukaina) introdusse la forchetta non solo nelle occasioni ufficiali, ma anche nella cerchia delle famiglie più importanti della città.
Ci fu anche chi la ritenne strumento diabolico e perverso, come San Pier Damiani, che nella sua opera “De institutione monialis”, descriveva scandalizzato il comportamento di Teodora durante il suo matrimonio: “Non toccava le pietanze con le mani ma si faceva tagliare il cibo in piccolissimi pezzi dagli eunuchi. Poi li assaggiava appena, portandoli alla bocca con forchette d’oro a due rebbi”.
Insomma questo piccolo strumento, così quotidiano e dal facile utilizzo oggigiorno, ha una storia che coincide con quella della più celebre città della #terradellemeraviglie, tra scandali, lusso e tradizione.

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Redazione Sgaialand
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