I veronesi RADAR debuttarono nel 1982 con un album omonimo per la WEA italiana: una delle più raffinate cult band italiane torna con un nuovo lavoro, re-pop. La parola a Nicola Salerno

Alzi la mano chi si ricorda dei mitici RADAR, la cui carriera dal 1980 al 1983, ne fece una delle più raffinate cult band italiane.
Il loro eponimo album, uscito per la WEA italiana nel 1982 sotto l’egida di Michele Vicino, fu un compendio di classici elettro-pop ricercatissimo dai collezionisti. I RADAR, con i loro ritornelli pedanti, testi caustici e divertenti abbinati a soluzioni melodiche ricercate e brillanti, che resistono inalterati al cambio delle tendenze e delle mode, tornano a trentaquattro anni dall’esordio con un nuovo disco, che riprende e amplia il genere elettronico-popolare degli anni ‘80, con soluzioni sonore melodiche, armoniche e di arrangiamento più attuali.

Nicola Salerno (fratello di Nini dei Gatti di Vicolo Miracoli) è colui che nel 1980 creò la band dei RADAR e che oggi li ha riportati alla luce, dopo più di tre decenni passati a collaborare con musicisti italiani e stranieri (tra cui Fred Frith, Andy Partridge, Michael Manring, Percy Jones, Denardo Coleman) e produttori di grande talento (Roberto Colombo, Max Costa), componendo, suonando e producendo dischi con formazioni jazz tra cui i NAD, vincitori di premi legati all’area del jazz creativo.
Assieme a Salerno (compositore, arrangiatore, cantante ed esecutore dei brani) ora cantano e suonano Gaetano Lonardi, storico collaboratore della band, e Joyello Triolo, musicista attivo con la formazione Peluqueria Hernandez e instancabile sperimentatore elettronico, DJ e critico musicale (autore delle biografie di nomi illustri del pop elettronico italiano anni 80 e di “Intrusi a Sanremo”, di cui vi abbiamo recentemente parlato qui).

Pubblicato da Kutmusic, re-pop riscopre il gusto di abbinare i linguaggi di ricerca ai canoni della musica leggera, restando perfettamente in linea con uno stile ancora oggi originale e inimitabile.
E re-pop è un ritorno, a trentasei anni dagli esordi dei RADAR, come ci racconta in questa intervista proprio Nicola Salerno.

Perché sono tornati i RADAR?
Perché negli ultimi anni non solo c’è stato un recupero della musica degli anni ’80, ma l’elettronica si è evoluta ed affermata su larga scala anche nella musica pop ancor più che negli anni ’80.
RADAR è un gruppo di pop o quasi elettronico e quindi, dopo altri progetti forse meno “commerciali” che singolarmente abbiamo portato avanti nel corso dei decenni, ci è sembrata una buona idea cimentarsi nuovamente con delle canzoni con la formula del cantato a più voci, che è sempre stata una tra le più evidenti caratteristiche del gruppo. Nel 1982 cantavamo in due, stavolta in tre, quindi questa particolarità viene ulteriormente accentuata nell’album re-pop.
È un divertente caso che la nostra proposta coincida in quest’epoca con un gruppo di tutt’altro genere, ma in qualche modo paragonabile a noi: Il Volo.
Il confronto è buffissimo: loro sono giovani e noi siamo vecchi ma paradossalmente loro cantano canzoni antiche e sembrano cantanti cinquantenni, mentre noi cerchiamo un linguaggio originale all’interno della musica elettronica “commerciale” (ma restiamo anagraficamente vecchi, beninteso! Non vogliamo fare i finti giovincelli, pietà).
I tre del Volo hanno una tecnica vocale ineccepibile, mentre noi siamo assolutamente ruspanti e imprecisi.
Loro cantano col vibrato, con uno stile vocale da anni ’60, lasciando spesso ampio spazio a virtuosismi da solista.
Noi usiamo filtri, vocoder e Melodyne per alterare le voci qui e là; rarissimamente la voce nei brani è singola. Non vibriamo quasi mai

Qual era il segreto dei RADAR anni ’80?
Essere al passo coi tempi, col sound internazionale che girava all’epoca (Talking Heads, Devo, B52’s, Roxy Music, Duran Duran ecc.).
Il nostro disco dell’82, anche se all’epoca fu un fiasco tremendo nonostante un ottimo investimento in promozione, è diventato solo dopo un bel po’ di tempo un disco di “culto”, quando è stato capito (ma ormai era troppo tardi per noi).
Allora era difficile che una major mettesse sotto contratto un gruppo come il nostro, (salvo poi licenziarlo dopo il primo disco, se non aveva funzionato come avrebbero voluto loro). Quindi non c’erano gruppi italiani simili al nostro che avessero un contratto “serio”. Tutto questo, nel tempo, ha messo in luce i pregi e la (quasi) unicità di quell’LP (e audiocassetta!) nel panorama italiano dell’epoca. Era ancora troppo presto per l’Italia per quel tipo di musica, che poi invece si è ampiamente affermata anche da noi solo qualche anno dopo

All’epoca i RADAR ebbero anche l’occasione di fare anche un po’ di tv. E oggi?
Mai dire mai. Comunque non vedo quali contenitori televisivi odierni potrebbero ospitare uno o più passaggi dei RADAR. Siamo tre anzianetti in un mondo in cui, a meno che tu non sia una popstar acclamata da decenni, è ben difficile rendersi credibili e interessanti – come minimo visivamente – alla nostra età presso un pubblico giovane. Non siamo abbastanza big per andare come ospiti in qualche trasmissione e non siamo più abbastanza giovani per andare a XFactor e ai vari talent.
Questo non significa che dobbiamo fasciarci la testa o ripartire totalmente sfiduciati. Siamo pienamente convinti che il nostro sound (ci si perdoni la presunzione) sia più attuale e interessante del 90% e passa di quello che esce dai talent e dalla tv, in cui ci sono gran belle voci ma troppo spesso gran brutti (e vecchi, scontati) pezzi. Ok, il pubblico vuole quello, ma non si sa mai, specie il pubblico giovanissimo, che possa interessarsi anche al nostro sound.
Nella maggior parte dei casi in Italia, oltre a non esserci gran creatività melodico/armonica (senza arrivare a fare Schoenberg, ovvio, si parla sempre più o meno di pop) siamo, tranne qualche caso, distanti anni luce da un modo di arrangiare un minimo personale o “moderno” come invece succede all’estero.
Il massimo a cui arrivano i produttori italiani è: funzionano i Coldplay? Facciamo un pezzo tipo i Coldplay. Questa è (ahimè, ancora) l’Italia

In cosa assomiglia e in cosa è diverso re-pop da RADAR?
C’è la medesima combinazione timbrica e caratteristica del primo disco: voci multiple, ritmiche miste drum machine + batteria acustica + percussioni, ampio uso di sax e fiati (abbastanza strano nell’electro-pop). D’altra parte la scrittura è, specie in alcuni pezzi, più complessa e matura. Gli arrangiamenti sono più elaborati e frutto di 30 anni di evoluzione personale e di composizione di musica più orientata al jazz e all’improvvisazione che al pop (vedi l’altro mio gruppo NAD Neu Abdominaux Dangereux).Ovvio che la speranza è quella di non essere recepiti come un gruppo “difficile”, ma c’è da dire che alcuni brani dell’album, più semplici, hanno anche una certa similitudine (soprattutto dal punto di vista ritmico-armonico) con quelli dell’82, come James Carruba, Sul Vesuvio o I Love Domotica

E qualche mese è uscito il vostro singolo Plastic People, con testi di un fan prestigioso come Aldo Nove
Siamo venuti a sapere casualmente che Aldo, a 15 anni, ascoltava il disco dei RADAR (sa i testi a memoria). In questo nuovo disco il suo contributo si limita a un brano, ma la promessa da parte sua è quella di collaborare in modo più consistente se ce ne sarà un prossimo. Cosa abbastanza probabile, perché abbiamo già almeno altri 4 o 5 pezzi musicalmente già pronti su cui potrà lavorare con comodo

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Ilaria Rebecchi
Diploma di scuola media superiore, giornalista free lance appassionata di musica e piante, collabora saltuariamente con redazioni locali.