Stefano Nicolao, il sarto veneziano che da 42 anni veste gli attori delle maggiori produzioni mondiali. Storia e curiosità di uomo che trasforma i sogni in realtà e un tessuto in potente strumento di comunicazione.
La storia di quello che possiamo considerare il serto per eccellenza di Venezia ha le sue origini tra i banchi del liceo artistico, nella voglia di recitare, salire sul palcoscenico e diventare qualcuno di diverso da sé. Prima la Scuola Giovanni Poli e poi l’Avogaria, a calcare le scene e indossare costumi che ti catapultano in altre epoche, fino ad interpretare piccoli ruoli in televisione e al cinema. Ma poi scatta qualcos’altro: l’amore per i tessuti, il colore, la materia viva e la storia. Ed è così che Stefano Nicolao da attore si converte in sarto e stilista.
L’inizio della carriera per l’atelier comincia a Venezia nel 1980 con il film “Marco Polo”, quando Stefano Nicolao venne chiamato da Enrico Sabbatini per curare scene e costumi che riguardavano il passaggio di Marco Polo dalla Persia alla Cina. Da allora, ha realizzato costumi per le maggiori produzioni cinematografiche e per i teatri di tutto il mondo.
“Andai in Tibet a realizzare i costumi, non portai nulla da qui se non le idee – ricorda – A Katmandu cominciammo a cercare gli accessori e gli oggetti, ma anche a trovare i materiali e i tessuti e fare le tinture con questi artigiani, ma molti materiali e molte cose non si trovavano, sembrava ancora di essere a fianco di Marco Polo in un momento quasi medievale, perché tra l’altro l’elettricità spariva e loro lavoravano molto a mano – conclude Nicolao – Feci le scarpe, gli strumenti musicali, tutto quello che ci serviva per le cavalcature, dalle selle alle bardature. Sapevo che dovevo organizzare tutto, perché quando saremmo saliti sulla montagna non avremmo avuto l’elettricità e avremmo dovuto cucire esclusivamente a mano. E così fu con questo gruppetto di sarti che avevo organizzato che riuscimmo a partire con già dei costumi pronti. Sulla montagna, al campo base a 3200 metri, io alla sera tagliavo e loro di giorno cucivano. Erano costumi molto rustici, fatti di lana e cuciti a mano, quindi sembravano veramente usciti da un archivio medievale. La cosa che ancora oggi ricordo è che mi servivano le pellicce e continuavo ad insistere con gli addetti perché non arrivavano. Ad un certo punto una mattina, prima di partire, mi vennero a chiamare mentre stavo vestendo attori e controfigure e mi dissero che erano arrivate. Mi ero già immaginato questo carro pieno di pelli e invece, uscendo, vidi un grande gregge di capre tibetane e mi dissero: “Scegli quello che serve e noi le prepariamo”. Il che significò carne di montone per un bel po’, anche venduta e regalata alla popolazione, ma finalmente ebbi queste famose pellicce. Episodi magnifici ne avrei da raccontare per giorni, ma questo fu l’inizio di una bellissima carriera che mi ha portato ad oggi ad avere rapporti con teatri internazionali, con produzioni oltre oceano, e che esaltano Venezia nel mondo”.
“All’inizio i miei genitori non volevano assolutamente, dicevano che ero pazzo ad imbarcarmi in una storia del genere – ricorda – però i successi che avevo avuto come freelance, perché lavoravo già in teatro con la Fenice, con lo Stabile del Veneto e altri, li avevano un po’ convinti. Mia madre mi appoggiò e disse: “Ti vedo entusiasta di questa cosa e ti diamo una mano”, e così sono riuscito da solo a mettere un punto fermo anche nella città di Venezia, farla diventare un punto vero di riferimento. In 42 anni qui sono passate troupe e produzioni, c’è stato un passaparola dei vari premi Oscar che ho conosciuto e che hanno individuato nel mio atelier una possibile collaborazione e un aiuto. E questo mi ha sempre onorato”. Nel suo atelier a Cannaregio ha un repertorio che vanta più di 15 mila costumi di tutte le epoche, oltre a 200 costumi antichi acquistati all’asta. Perché per creare un costume serve conoscenza, il contesto storico, bisogna studiare nelle biblioteche, documentarsi, capire, entrarci dentro.
“Per realizzare anche il costume più semplice prima di tutto bisogna avere conoscenza – afferma Nicolao, che è anche docente di taglio storico e fashion design all’Accademia di Belle Arti – se il costume deve essere di quell’epoca, deve avere il tessuto giusto, la forma giusta, il taglio giusto. Una volta parlato con il regista che ha deciso il taglio da dare all’opera, va pensato l’insieme, va trovato il filo conduttore, il colore, la forma per esaltare e aiutare il carattere del personaggio e farlo capire al pubblico. Si scelgono quindi i materiali, la forma, si inizia a montare l’abito sul manichino, si cominciano le prove per arrivare al prodotto finale. E quindi diventa tridimensionale quella che era solo un’idea, un’immagine, un disegno, una cosa piana, piatta, che prende vita una volta indossato e comincia a diventare quello che effettivamente vogliamo. Capita molte volte che sia difficile poter andare avanti a realizzare una cosa che volevamo in un modo, poi però con la conoscenza e la sapienza ci si riesce ad arrivare. Non a caso il Cinquecento e l’Umanesimo sono i momenti storici che io adoro, perché è l’uomo artefice del proprio destino e della propria storia, è lui che decide cosa fare. Così anche il costume: l’abito deve essere quello che noi vogliamo che diventi”.
Un abito non è solo un abito, ma è capace di trasformare una persona, riesce a dare un senso a ciò che un attore sta facendo, completa il suo ruolo. Mesi e mesi di lavoro ripagati dalla soddisfazione che si legge negli occhi degli attori, che in quel preciso momento diventano davvero il personaggio che devono interpretare. Come quando Stefano Dionisi confessò di essere davvero entrato nella parte di Farinelli solo dopo aver indossato il costume di Nicolao.
Innamorato di Venezia, che non lascerebbe per nulla al mondo, Nicolao si emoziona nel sottolineare che è nato lo stesso giorno in cui si fa risalire la mitica fondazione di Venezia, il 25 marzo. “Mi sembra di buon auspicio – spiega – è come se rientrassi veramente in questa glorificazione e gratitudine che dobbiamo avere a chi ha cominciato dalle palafitte a fondare una meraviglia come questa. Venezia è una città unica e non si stancherà mai nessuno di conclamarla e di incoronarla regina non solo dei mari ma anche del mondo”.