Il libro di attività della FAO, ideato con Matteo Ward, è scaricabile gratuitamente e guida i più piccoli alla scoperta del ciclo di vita dei vestiti e dell’importanza di prendersi cura delle risorse naturali.
Lo sapevi che una t-shirt viene prodotta utilizzando le stesse risorse che servono per fare un filone di pane, come suolo, acqua, aria, energia e il lavoro delle persone? Matteo Ward, visionario vicentino sostenitore della moda sostenibile, vuole che consideriamo le nostre t-shirt come un bel pezzo di pane: “Sono fatte con gli stessi ingredienti: terra, acqua, aria, energia, persone”, afferma.
Ma come possiamo permettere che l’industria della moda consumi risorse vitali per produrre beni inutili, in quantità eccessive e di scarsa qualità? Questa domanda provocatoria arriva da un uomo che ha iniziato la sua carriera proprio nel settore della moda, ma che oggi lotta per trasformarlo. Per Matteo, convincere i marchi a cambiare radicalmente il loro modello imprenditoriale è una questione di sopravvivenza: per il pianeta, per le persone che producono i vestiti e per l’industria stessa.
La moda, come il cibo, è un settore che attinge alle risorse naturali, e Ward sottolinea l’urgenza di una riflessione su come queste risorse vengano utilizzate. Secondo lui, non è lontano il momento in cui un politico dirà: “Per il mio paese è rimasto solo un bicchiere d’acqua, lo darò all’agricoltura piuttosto che alla moda”. Questa visione è alla base del lavoro di WRÅD, lo studio di design e consulenza co-fondato da Matteo per spingere le persone a mettere in discussione il sistema della moda, ormai insostenibile, attraverso consapevolezza, design e innovazione.
Uno dei principali problemi è la sovrapproduzione. Anche migliorando i processi produttivi, se la produzione viene aumentata in modo esponenziale, i benefici ambientali si annullano. Ward critica l’uso del termine “sostenibile” da parte dei marchi per promuovere abiti, sottolineando che non basta usare meno acqua o materiali riciclati se poi i capi vengono prodotti in eccesso o con tessuti sintetici che rilasciano microplastiche dannose per l’ambiente.
Le microplastiche, infatti, sono un problema sempre più grave: sono così piccole che sfuggono ai filtri e finiscono nei nostri mari, entrando nella catena alimentare. Matteo sottolinea che anche i migliori filtri non servono se le fabbriche non possono permettersi di utilizzarli, perché pagate troppo poco. Questo porta alla necessità di ripensare l’intero sistema economico e culturale della moda.
Per Ward, il cambiamento vero non è solo materiale, ma culturale ed economico. Il vero “elefante nella stanza” è il consumo eccessivo e la sovrapproduzione, alimentati da una comunicazione che spinge a comprare molto più di quanto sia necessario. Il suo obiettivo è spostare l’industria verso un modello che guadagni non dalla quantità, ma dalla qualità e durata dei capi prodotti.
Educare le nuove generazioni alla sostenibilità
Proprio per affrontare queste sfide, Matteo Ward si impegna anche nell’educazione dei più giovani. Ha collaborato alla creazione del libro di attività “La storia di una maglietta”, che invita i bambini a riflettere sull’origine dei vestiti che indossano e sulle risorse naturali necessarie per produrli. Attraverso la storia della maglietta Celestina, i bambini possono seguire il suo viaggio dalla discarica fino alla catena di produzione, imparando l’importanza di prendersi cura di ciò che indossiamo, esattamente come facciamo con il cibo che mangiamo.
Il messaggio di Ward ai bambini e alle nuove generazioni è chiaro: ogni piccola azione conta. Anche un buco in un vestito non deve essere la fine del capo, ma un’opportunità per ripararlo, riciclarlo o trasformarlo in qualcosa di nuovo. Questo approccio creativo è essenziale per ridurre gli sprechi e alleviare la pressione sul nostro pianeta.
Un futuro sostenibile attraverso il cambiamento culturale ed economico
Matteo Ward crede fermamente che il cambiamento nella moda debba partire dal sistema economico: pagare le persone in modo equo è una strategia chiave per migliorare l’impatto ambientale. “Se le persone sono costrette a pensare solo alla propria sopravvivenza, continueranno a fare compromessi con l’ambiente“, afferma. Assicurarsi che chi lavora nel settore della moda riceva salari adeguati permetterà non solo di migliorare le loro condizioni di vita, ma anche di proteggere meglio le risorse del pianeta.
La moda può e deve diventare più sostenibile, e il cambiamento richiede uno sforzo collettivo: da parte dei consumatori, delle aziende e delle istituzioni. Con iniziative come il libro “La storia di una maglietta” e il lavoro di Matteo Ward, possiamo tutti fare la nostra parte per trasformare la moda in un’industria più etica e rispettosa dell’ambiente.